Interviste

Intervista a Roberto Bolano di Demian Orosz

Bolaño nacque nel 1953 in Santiago del Cile. A 15 anni si trasferì in Messico, dove visse di giornalismo ed incominciò a scrivere poesie. Dal 1977 visse in Spagna. A causa sia delle sue dichiarazioni sia dei suoi libri, in cui propone un continuo regolamento di conti con il suo paese natale, le sue relazioni con l’ambiente letterario del Cile sono state sempre perlomeno tese. Più di una volta Bolaño si è riferito alla letteratura cilena come a un’illusione, come a un pianeta vuoto che gira intorno a un sole morto chiamato Neruda.

Roberto Bolaño aveva 43 anni quando pubblicò il suo primo romanzo. La critica spagnola si arrese senza condizioni alla strana forza de La Literatura nazi en America (1996), e da allora il nome del suo autore non ha smesso di diffondersi attraverso un gioco di echi che si riassumono nella parola consacrazione. L’euforia poteva sembrare eccessiva, se Bolaño non si fosse incaricato di rispondere alla provocazione di ogni elogio con libri sempre più audaci e più solidi. Nel 1999 pubblicò Tres (poesie) e il suo romanzo I detective selvaggi vinse il premio Herralde e il Rómulo Gallegos.
Nel 2000 lo scrittore cileno tornò a illuminarsi con Noturno cileno , e quell’anno la sua narrativa si conclude con la pubblicazione di Puttane assassine , pubblicato da Anagrama. Nella sua casa di Blanes, un paesino della Costa Brava ad un’ora di treno da Barcellona, l’autore di Chiamate telefoniche, alza la cornetta, ascolta, fa un pausa di silenzio e poi dice che preferisce evitare il la conversazione “dal vivo e in diretta, dove rischierei di dire troppe sciocchezze “. Realizzare l’intervista attraverso la posta elettronica appare come una soluzione naturale. Ormai è tardi, siamo caduti nella trappola di un interlocutore tanto lucido quanto scivoloso, esperto nel disfare, in un batter d’occhio le domande troppo lambiccate e pretensiose. Vediamole

In Puttane assassine nota ci imbattiamo di nuovo con la sua vita. In questo lavoro con l’autobiografia c’e’ l’intenzione di dialogare con il suo destino?

Non mi sono mai riproposto di “lavorare” con la mia autobiografia. Vivere senza lavorare per me è qualcosa che somiglia alla felicità. Così cerco, ogni volta che posso, di evitare il lavoro e qualsiasi altro sforzo. Non lavorare con la mia autobiografia (la parola autobiografia mi fa rizzare i peli), non lavorare con la scrittura, non lavare i piatti, lasciare che i miei figli facciano quello che vogliono e rimanere seduto davanti alla televisione vedendo programmi spazzatura brontolando o ridendomela. Credo, d’altra parte, che le uniche autobiografie interessanti, le uniche biografie interessanti veramente, sono quelle dei grandi poliziotti o quelle dei grandi assassini (queste ultime,naturalmente, pubblicate sotto pseudonimo e anonimamente, o pubblicate post-mortem), perchè in qualche modo rompono questo modello deprimente e reale secondo il quale il destino degli esseri umani è respirare e un giorno smettere di farlo. Il poliziotto e il detective sembrano alieni a questa logica. Nelle loro biografie o autobiografie c’è sempre un’altra cosa: una proposta, un gioco, un cruciverba che ti dice avvicinati allo specchio e guarda.

Il suo nuovo libro contiene elementi innovativi rispetto a quello che la critica già definisce come “il pianeta Bolaño “?

No, no, purtroppo ci sono poche cose innovative. In realtà, nessuna. Già lo ha detto Borges, che Wojtila dovrebbe santificare prima di essere, a sua volta, santificato; fin dal tempo dei greci i temi, almeno in occidente, sono quattro, con un po’ di fortuna cinque. Il pianeta Bolaño, suona molto divertente. Però non è un pianeta. Solo un meteorite, e per di più abbastanza inoffensivo, di questi meteoriti che cadono sulla Terra e nessuno se ne rende conto che sono caduti, a meno che non bucano il cranio a una mucca, e allora il proprietario della mucca sì se ne accorge.

Che cosa rappresenta il Cile per lei? Sembra che il suo paese sia un luogo che solo le interessa visitare nella la sua scrittura, e ciò più che altro per denuncia le zone scure, questo pezzo di inferno che persiste là.

Bene, la parte d’inferno cilena è la mia infanzia e la mia adolescenza. E poi il colpo di stato. Però mi piace il cibo cileno. Non so se tu lo hai provato: è un cibo abbastanza buono. Las empanadas , el pastel de choclo , las humitas , la cazuela chilena , i crostacei , che forse sono i migliori che abbia mai mangiato, quella salsa che li chiamano pebre e che è molto semplice però anche molto efficace, el charquicán , che è un piatto che viene da prima della Guerra d’indipendenza e che dicono che fosse il piatto preferito di Manuel Rodriguez.

Quando è stato pubblicato “Notturno Cileno” lei disse che se ancora vivesse nel suo paese natale nessuno le avrebbe perdonato questo romanzo… [interv. Melanie Jösch ]

Immagino che ci sia gente per la quale la letteratura non è una questione di perdonare o non perdonare. Nella destra cilena, tranquilla e clericale, non credo che Notturno Cileno. sia molto piacuto

Nel racconto “Giorni del 1978” [Puttane asassine p.89], il personaggio racconta il film “Andrei Rublev” di Tarkovski. E’ interessato al fatto che questo tipo di metafora funziona come chiave ?

Non so se lo ha detto Borges. O forse è stato Platone. O forse George Perec. Ogni storia rimanda a un’altra storia che a sua volta rimanda ad un’altra storia che rimanda ad altra sotria. Ci sono storie che sono i numi tutelari di una historia, ci sono storie che sono le chiavi di una storia e ci sono storie che ci portano a bordo del vuoto e che ci obbligano a porci le grandi domande. Io conosco solo una delle domande. Come costruire un ponte? E naturalmente disconosco la risposta.

C’e’ nei suoi racconti una violenza che non arriva mai a scatenarsi, come se fosse disseminata nel testo, ma la cui piena manifestazione resta al di la del limite e a parte, fuori dalla pagina….

Il fatto è che questo è la cosa peggiore della violenza. Una presenza che si avvicina. Dopo già non c’è più violenza. C’è dolore, c’è inquietudine, c’è valore o c’è la morte o tutto insieme, in alcune occasioni c’è perfino liberazione, però già non è più violenza.

I suoi testi parlano frequentemente di questo “Vietnam segreto che per molto tempo è stato Latinoamerica” , con il quale la sua letteratura acquisisce un nota politica… [ interv. Rodrigo Pinto ]

Ho sempre voluto essere uno scrittore politico, di sinistra, è chiaro, però gli scrittori politici di sinistra mi sembravano infami. Se fossi stato Robespierre, o no, meglio Danton, prima o poi li avrei mandati alla ghigliottina. Latinoamerica, tra le sue tante disgrazie, ha anche avuto una serie di scrittori di sinistra veramente miserabili. Volevo dire, miserabili come scrittori. E ora io tendo a credere che siano stati miserabili anche come uomini. E probabilmente miserabili come amanti e come sposi e come genitori. Una disgrazia. Pezzi di merda sparpagliati dal destino per mettere alla prova la nostra tempra, credo, perchè se potevamo vivere e resistere a quei libri sicuramente eravamo capaci di resistere a tutto. Infine, non esageriamo. Il XX secolo è stato pieno di scrittori di sinistra più che cattivi, perversi.

In generale cè anche una specie di erotismo fetido, una interpretazione del sesso secondo la quale quasi mai appare come gioia dei corpi o godimento, bensì come sporcizia o elemento oscuro …

Non credo. Mio malgrado, la mia natura tende all’apollineo, non al dionisíaco. E questo lo dico sinceramente: mio malgrado, molto mio malgrado. nota

Nonostante i viaggi e i cambi di scenari, c’è un non so che di claustrofobico in queste narrazioni E’ per questo andare e venire permanente tra il ridicolo e la desolazione, o forse perchè i personaggi suicidi danno all’insieme questa sensazione senza vie di uscita?

Non credo per principio alle strade senza via di uscita. Non esistono le strade senza via di uscita. Il suicidio è una via d’uscita. Per di più è una via d’uscita, sebbene estrema, molto civilizzata. L’assassinio di massa o l’assassino seriale o l’assassino passionale pongono principalmente un problema di salute pubblica. Un suicida, che sia o no discreto, l’unico problema che pone sono poche (però interessanti) domande, e in qualche caso perfino qualche risposta. Il problema è che poca gente sa leggere la scrittura di un suicida mentre al contrario molta gente è entusiasticamente convinta, di conoscere la scrittura degli assassini. Sulla claustrofobia non so cosa dire. Mi piacerebbe vivere in un altro pianeta. Però mi accontento

Più di una volta ha sostenuto che viene dalla poesia. Bolaño in fondo è un poeta e un narratore suo malgrado ?

Non so se mio malgrado. Se avessi potuto scegliere, probabilmente ora sarei un cavalliere rurale belga, con una salute di ferro, scapolone, frequentatore dei bordelli di Brusselles (dove ci sono le donne più belle d’ Europa), lettore di romanzi polizieschi e che dilapiderebbe la ricchezza accumulata da generazioni. Però sono cileno, di classe media bassa e vita abbastanza nomade, e probabilmente l’unica cosa che potevo fare era convertirmi in scrittore, accedere come scrittore e soprattutto come lettore a una ricchezza immaginaria, entrare come scrittore e come lettore in un’ordine di cavalleria che credevo piena di giovani, diciamo, temerari, e dove, alla fine, a 48 anni mi ritrovo solo. Però queste parole non sono altro che retorica. I miei libri stanno lì e io sto qui, e qui la cosa più importante, molto più importante della letteratura, sono i miei figli, mio figlio Lautaro, di undici anni e mia figlia Alexandra, di otto mesi.

Crede che si può parlare di un nuovo boom della letteratura latinoamericana?

La mia religione non mi permette di rispondere a questa domanda.

Bene, pero cosa pensa quando il supplemento “Babelia” dice che la “nuova letteratura del Cono Sudr” sostituisce “l’immaginazione lirica del realismo magico con un surrealismo molto più sovversivo, attratto da un’immaginazione del grottesco?

In qualche modo posso sottoscrivere questa definizione. L’immaginazione surrealista è tanto estesa quanto la televisione. Una delle cose che mi piacciono di Patricia Highsmith, che sto rileggendo in questi giorni con immenso piacere, è la sua apparente carenza di immaginazione lirica, di realismo magico, di fantasia surreale. Per le feste di natale niente di meglio che una letteratura obiettiva, anche se nemmeno Highsmith è troppo obiettiva. Neanche si può dire che il grottesco sia uno dei segnali di differenziazione dalla narrativa del boom. Onetti, Donoso, lo stesso García Márquez affondarono nel grottesco come nessuno degli scrittori della mia generazione ha fatto. In realtà le opere di questi scrittori, diciamo da Borges a Puig e Arenas, è tremendamente solida e ricca. Ci sono molto pochi romanzieri attuali che hanno l’ambizione di Fernando del Paso, per esempio, o l’umore e la esattezza di Cortàzar. Comunque, si vedrà. In una generazione, d’altra parte, sono compresi scrittori di 25 anni ed anche di 50. Presumo che entrando nel XXI secolo si potrà fare un bilancio, quando la maggior parte di noi saremo morti, e si potrà vedere se la nostra letteratura è valsa o non è valsa la pena.

In Puttane assassine, Neruda è il principale bersaglio della sua ironia. La disgusta in generale come poeta o il suo disappunto ha qualcosa a che vedere con la sua influenza nel sistema letterario cileno?

A me Neruda piace abbastanza, come lo dico anche in questo piccolo racconto. Un grande poeta americano. Molto frainteso, d’altra parte, chiaro, come quasi tutti i poeti. Non era il successore di Whitman, in molti dei suoi poemi, nella struttura dei suoi poemi, possiamo solo vedere ora una plagio di Whitman. Però la letteratura è così, è una selva un poco pesadillesca dove la maggioranza, l’immensa maggioranza degli scrittori sono plagiati. Ci sono giovani che hanno una voce propria, però non sanno scrivere, il che è un disastro. Allora questi giovani vanno alle scuole di scrittura o all’università per imparare a scrivere e appena sanno scrivere non hanno una voce propria. Infine, che possiamo farci.. Neruda, in alcuni momenti della sua vita, pensò di essere il paradigma dei poeti, e si sbagliò. Però la verità è che tutti i poeti, in alcuni momenti della loro vita, si credono la morte.