Varie su Bolano

Come salvare la pelle senza rinunciare alla poesia

‘ Come salvare la pelle senza rinunciare alla poesia (1/5) ‘

Massimo Rizzante

pag | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

1. Poesia e superstiti

Nei confronti dell’opera di Bolaño non provo soltanto ammirazione, ma quella felicità attiva grazie alla quale ti senti sciolto da ogni obbligo morale, professionale, e perfino intellettuale. La vera letteratura ti mette le ali. Ti rende più coraggioso. Se non ti nutri del rischio e del fallimento delle grandi opere non potrai mai rischiare e fallire nel tentativo di emularle….
Massimo Rizzante – conversazione con M. Gallego Roca – 2005

Bisogna partire dal fatto che Roberto Bolaño si considerava un poeta.

Aveva pubblicato cinque invisibili plaquettes prima del 1993, prima cioè che, a quarant´anni, cominciasse la sua vera storia di romanziere (in seguito sono apparse due raccolte, intitolate rispettivamente Tres [Tre] e Los perros romanticos [I cani romantici]. La prima uscì nel 2000, mentre la seconda è stata pubblicata postuma nel 2006).

Nel 1979 era uscita in Messico, dove l´autore cileno aveva vissuto tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta, un´antologia nella quale aveva riunito un gruppo di giovani poeti di avanguardia dell´America Latina, dal titolo Muchachos desnudos bajo al arcoiris de fuego (Ragazzi nudi sotto un arcobaleno di fuoco). L´avanguardia in questione era l´«infrarealismo» o «realvisceralismo», una sorta di «Dada alla messicana» le cui radici affondavano in Francia. Sembra che Soupault avesse dato vita a un´eresia parallela al Surrealismo. In Messico l´eresia soupaultiana fu adottata da un pugno di guerrilleros della parola che irrompevano in modo repentino e virulento nei simposi letterari e, armati unicamente della loro sana disperazione, seminavano il disordine dei sensi dove regnava un´apparente calma intellettuale.

Ancora verso la fine della sua vita, Roberto Bolaño affermava: «Sono fondamentalmente un poeta. Ho iniziato come poeta. Da sempre ho creduto – e continuo a farlo – che scrivere prosa sia un atto di cattivo gusto» .

Gli amici riferiscono che si sia deciso a scrivere con regolarità racconti e romanzi verso il 1990, dopo la nascita del suo primogenito Lautario. La poesia è importante, ma ancor più importante è sopravvivere. C´era la necessità di provvedere ai bisogni di una piccola famiglia. La sopravvivenza per mezzo della prosa è probabilmente meno acrobatica di quella che si ottiene attraverso l´invisibile pubblicazione di plaquettes di poesia, tanto più se essa è strettamente legata alla nebulosa di premi letterari minori dispersi nelle vaste province di Spagna. C´è un racconto, «Sensini»nota, presente nella raccolta intitolata Chiamate telefoniche (1997), in cui un vecchio scrittore argentino spiega a un giovane scrittore, anch´egli emigrato in Spagna da un paese dell´America Latina, «la strategia generale» per partecipare a un numero sempre maggiore di premi. In una lettera che gli invia da Madrid, insiste sulla «misura precauzionale» di spedire alle diverse municipalità lo stesso racconto, ma ogni volta avendo l´accortezza di cambiarne il titolo. Certo, esiste la possibilità di imbattersi in uno stesso membro di giuria, in molti casi uno scrittore a sua volta consacrato da numerosi premi letterari di provincia. Questo, tuttavia, è il rischio che «un cacciatore di scalpi» lontano dalla sua riserva deve correre. Un rischio calcolato. Quale critico, infatti – afferma l´anziano scrittore – potrebbe negare che due racconti dal titolo differente non siano differenti proprio a causa della singolarità del loro titolo? La situazione del giovane «pellerossa» alle prese con il Far West della letteratura – «Il mondo della letteratura è terribile, e ridicolo » ;, ripete al suo allievo il maestro – è assai simile a quella che lo scrittore Roberto Bolaño, nato nel 1953 a Santiago del Cile, sperimenta dal 1977, anno in cui giunge in Catalogna. Dapprima a Barcellona. Poi, dal 1981, a Blanes, una stazione balneare della costa Brava.

Gli assegni dei premi letterari delle province spagnole, tuttavia, non sono sufficienti a far sopravvivere un giovane emigrato senza protezioni sociali e per di più mal disposto a compromettersi con le mafie letterarie. Bisogna adattarsi perciò a qualsiasi genere di lavoro: cameriere, idraulico, guardiano notturno di camping, portuale, vendemmiatore. A seconda delle stagioni e delle occasioni. Infine, trasformarsi in rivenditore di articoli per turisti. Tuttavia il cameriere, il guardiano notturno e il rivenditore di articoli per turisti di Blanes, ovvero l´uomo che conosce a menadito la precarietà della vita non è così diverso dal ragazzo che nel 1968 ha lasciato il suo paese per il Messico. A Città del Messico DF (Distretto Federale), “un vasto territorio inesistente dove la libertà e la metamorfosi costituivano lo spettacolo di tutti i giorni”, vive con l´amico fraterno e poeta Mario Santiagoprofilo di mario santiago la sua rivoluzione artistica all´insegna di tutte le avanguardie d´Europa e d´America. L´uomo di Blanes non può nemmeno dimenticare il giovane di vent´anni che nel 1973 fa ritorno in patria. Bolaño, lasciato il Messico, parte per il Cile. Vi resterà cinque mesi. Neppure il tempo di assistere alla caduta di Allende e alla presa di potere di Pinochet, che viene rinchiuso in carcere. Sarà liberato dopo otto giorni, grazie all´aiuto di un secondino nel quale riconosce un ex compagno di studi: «L´esperienza dell´amore, dello humour nero, dell´amicizia, della prigione e del pericolo della morte si condensarono in meno di cinque interminabili mesi durante i quali in modo estremamente rapido e in uno stato di abbagliamento ho vissuto tutto» ;.

L´uomo di trentun´anni che nel 1984, in collaborazione con l´amico Antoni G. Porta, compirà i primi passi nel mondo della prosa pubblicando un´opera dal titolo Consejos de un discípulo de Morrison a un fanatico de Joyce(si tratta di un «rifacimento» del titolo di una poesia scritta dal suo amico – nel frattempo scomparso – Mario Santiago, Consejos de un discípulo de Marx a un fanatico de Heidegger) non farà che riprodurre quella condensazione dell´esperienza, quella rapidità dell´azione narrativa priva di ogni dettaglio superfluo, quella visione lucida del mondo – colma d´amore, sesso e humour – che aveva vissuto in quegli «interminabili» cinque mesi cileni del 1973 e che costantemente rivivrà in tutte le sue opere successive. La tonalità della prosa di Bolaño: quella di un poeta in pericolo di vita che guarda in uno stato di abbagliamento e con un sorriso sulle labbra tutta la fragilità dell´essere umano concentrata sul volto del suo miglior amico.

Un uomo, inoltre, che rivendica «la miseria e la superiorità» dell´autentica pratica letteraria rispetto a ogni genere di consorteria. Nella prefazione a Amberes(Anversa), un´opera in prosa scritta nel 1980 ma pubblicata nel 2002, l´autore ricorda il suo primo periodo in Catalogna, e confessa: «Il disprezzo che provavo per la cosiddetta letteratura ufficiale era enorme, benché soltanto un po´ meno grande di quello che provavo per la letteratura marginale. Ma credevo nella letteratura, ovvero non credevo né nell´arrivismo né nell´opportunismo né nei mormorii dei cortigiani. Sì nei gesti inutili, sì nel destino. Non avevo ancora avuto figli. Leggevo più poesia che prosa» .

Questo suo atteggiamento da «cane romantico» ; che incarna tutto l´orgoglio e la disgrazia di essere poeti, da orfano senza complessi edipici, senza casa, senza compromessi, perpetuamente in esilio – «L´esilio è il valore, l´audacia. Il vero esilio è il vero valore, la vera audacia di ogni scrittore» – ed esposto «alle intemperie» della vita non cambierà più. Si sposerà (con Carolina); avrà due figli (Lautario e Alexandra, nata nel 2001; «La mia unica patria sono i miei figli, e la mia biblioteca»* ); pubblicherà tra il 1993 e il 2003, anno della sua morte, undici opere; leggerà sempre più prosa (sebbene non abbandonerà mai del tutto la lettura della poesia antica e moderna); scriverà articoli e recensioni per giornali spagnoli e latinoamericani in cui analizzerà con severità e generosità romanzieri e poeti del passato e dell´avvenire; dopo la pubblicazione, nel 1998, del suo romanzo I detective selvaggiriceverà due fra i premi più prestigiosi riservati a uno scrittore di lingua castigliana (il premio Herralde, il premio Rómulo Gallegos); diventerà il faro, o addirittura il «totem», della nuova generazione di scrittori latinoamericani (Alan Pauls, Rodrigo Fresán, Jorge Volpi, Ignacio Padilla, Edmundo Paz Soldán, Santiago Gamboa, Rodrigo Rey Rosa, Ibsen Martinez, Fernando Vallejo, Antonio Ungar, Gonzales Contreras, Pedro Lemebel, Jayme Collyer, Mauricio Montiel, Alvaro Enrigue ecc.).

Ciononostante, poco prima di morire, mentre è assorbito dalla redazione del suo ultimo romanzo intitolato 2666 – un´impresa colossale di più di mille pagine che uscirà postumo nel 2004 – scrive un attacco che è degno di un´irruzione avanguardista da parte di un gruppo di giovani «infrarealisti» o «realvisceralisti» in un gabinetto medico nel momento stesso in cui un collegio di anatomopatologi sta constatando la morte del paziente. Fedele al suo ideale di poeta che ha a cuore più «le frontiere dorate dell´etica»; che la propria reputazione, si lancia contro la letteratura attuale, composta a suo avviso nella maggior parte dei casi da rappresentanti della classe media e medio-bassa di trenta e quarant´anni che, invece di restare «alle intemperie», preferiscono salire la scala, quando non l´Everest, della rispettabilità: «Non respingono la rispettabilità, la cercano disperatamente» ;. Aspirano a vendere. Desiderano essere presenti alle fiere del libro. Desiderano «sorridere e, soprattutto, non mordere la mano di chi offre loro da mangiare». Desiderano andare alla televisione e «fare i pagliacci nelle trasmissioni di pettegolezzi». E la ribellione, il feroce risentimento, il gesto gratuito, il gusto per la polemica, il piacere disinteressato, il senso sottile e metafisico della fine del mondo, il riso, il rischio dell´intelligenza e dei sensi? Dove sono andate a finire queste qualità che dovrebbero appartenere di diritto al poeta, al romanziere, all´artista? «Che cosa possono fare – scrive Bolaño verso la fine del suo testo intitolato I miti di Chtulhu – Sergio Pitol, Fernando Vallejo e Ricardo Piglia contro la valanga di glamour? Ben poco. Letteratura».

Che cosa possiamo fare noi in un mondo che pensa che «il romanzo d´appendice è la salvezza del lettore (e en passant dell´industria culturale)»? Che cosa possono fare Proust, Joyce? E Macedonio Fernández, Juan Carlos Onetti, Roberto Arlt? Che cosa ci resta delle astuzie e della gioiosa erudizione dei modernisti? E della follia dei giovani poeti « realvisceralisti » che seminavano il disordine nelle sale di lettura delle biblioteche di Città del Messico DF nel 1976?

«Ben poco. Letteratura. Ma la letteratura – aggiunge Bolaño – non ha alcun valore se non è accompagnata da qualcosa di più luminoso del mero atto di sopravvivere».

pag | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 |

‘Come salvare la pelle senza rinunciare alla poesia ‘
• 1. poesia e superstiti • 2. Poesia e personaggi • 3. Poesia e crimini • 4. Poesia e canaglie • 5. Jim
Massimo Rizzante

NOTE

Il personaggio di Sensini è ispirato allo scrittore argentino Antonio Di Benedetto (1922 – 1986) che Bolano conobbe nel 1983 in Spagna: entrambi parteciparono al concorso letterario “Alfambra de Cuentos ” di Valencia; Di benedetto arrivò secondo e Bolano, con il racconto “El contorno del ojo ” arrivò terzo. diventarono amici e tra i due vi fu un intenso scambio epistolare.
Antonio Di Benedetto occupa un posto importante nella letteratura argentina. Zama è il romanzo più importante che abbia scritto. Nel 1976, a poche ore dalò golpe militare del 24 marzo, Di Benedetto fu sequestrato dall’esercito e incarcerato. “Credo che mai avro la certezza di essere stato incarcerato per ciò che ho pubblicato. La mia sofferenza sarebbe stata minore se mi avessero detto la causa. Ma non lo seppi mai. Questa incertezza è la piu’ orribile delle torture” avrebbe detto in seguito. Nel settembre del 1977 fu scarcerato e andò in esilio negli USA, Francia e infine Spagna. Torno definitivamente in argentina nel 1985 dove morì il 10 ottobre del 1996. Le pubblicazioni in Italia:
Antonio di Benedetto:
2666 vol 1
L’uomo del silenzio,
2006, BUR rizzoli 2666 vol 1
Zama
1977, Einaudi torna su
NOTE AL TESTO

Il testo è la prima parte di un saggio che fa parte di un numero monografico sull´America Latina della rivista letteraria “Nuova prosa’ (46), Greco&Greco, Milano, dal titolo:
America Latina: dalle derive del realismo magico alla realtà del romanzo. Inediti, testimonianze, saggi”
E’ stato pubblicato per la prima volta in internet su nazione indiana
Il libro e’ contenuto nell’ultimo libro di Rizzante “Non siamo gli ultimi”, Effigie, MIlano, 2009
Rizzante ha scritto nel 2007 L’albero. Saggi sul romanzo (Marsilio) e una raccolta di poesie Nessuno (manni ed.

Massimo Rizzante (Jesolo, 1964) ha studiato a Urbino e a Parigi. Ha fatto parte del “Seminario sul romanzo europeo” diretto da Milan Kundera (1992-1996). E’ stato collaboratore e redattore di “Baldus”. Dal ’94 è redattore della rivista francese “L’Atelier du roman”, e collabora a diverse riviste italiane e straniere. Insegna all’Università di Trento. Nel 1999 è uscita la sua prima opera poetica, Lettere d’amore e altre rovine (1989-1998), Padova, Biblioteca Cominiana, prefazione di Sylvie Richterova. Nel 2002 per la rivista “Riga” ha curato un numero monografico su Milan Kundera. Partecipa ad ’Akusma – Forme della scrittura contemporanea’, ed è presente nell’omonima antologia.