Opere di Bolaño

Tutto l’abbandono del mondo. 2666 di Roberto Bolaņo

1. Un romanzo arcipelago

2666
2666

Il saggio considera il romanzo di Bolaņo attraverso le sue macrostrutture innanzitutto: a questo proposito si definisce il testo come “romanzo arcipelago”, un romanzo composto da cinque narrazioni indipendenti ma in un certo modo reciprocamente legate. Quindi si compie una comparazione tra le forme di 2666 e dei Detective selvaggi, considerando la dialettica tipica della scrittura di Bolaņo tra un principio ordinatore (un’unitā) e uno dispersivo delle strutture narrative. Successivamente si indagano le strategie retoriche che attraversano il romanzo (vengono definite “strategie della tensione”), si tenta un parallelismo tra le forme di sguardo sul mondo dell’autore cileno e di David Lynch, e infine si tenta uno studio dei personaggi nel romanzo. Entrambi i due piani, quello delle strategie testuali e quello dei personaggi, sembrano governati da un principio di imponderabilitā: il senso costante di una totalitā sempre presente e mai afferrabile.
Infine si avanza l’ipotesi che l’unico vero criterio che domini le strutture profonde della narrazione e dell’universo narrativo sia la casualitā.
* * *

Quando arrivarono a casa era ormai buio ma l’ombra del libro di
Dieste appesa al filo era più chiara, più salda, più ragionevole,
pensò Amalfitano, di tutto quello che aveva visto alla periferia di
Santa Teresa e anche in città, immagini senza appiglio,
immagini che racchiudevano tutto l’abbandono del mondo,
frammenti, frammenti.
[R.Bolaņo, 2666, p. 200]

1. Un romanzo arcipelago

1.1 La storia

Nel 2004 viene pubblicato in Spagna 2666, romanzo postumo del cileno Roberto Bolaņo, morto a Barcellona nel 2003 a cinquant’anni. Bolaņo, malato da anni, aveva lasciato precise istruzioni sulla pubblicazione della sua ultima opera: le cinque narrazioni che compongono il romanzo dovevano uscire separatamente con cadenza annuale, in un determinato ordine e con precise condizioni contrattuali per i suoi eredi. In tal modo, uno scrittore che aveva conosciuto la fama da pochi anni (dal successo del romanzo Los detectives salvajes nel 1998), pensava di garantire un solido futuro economico per i suoi due figli.

Nell’edizione spagnola di 2666, il testo č preceduto da una “Nota degli eredi dell’autore”[1] in cui si motiva la decisione di pubblicare il romanzo in un unico volume. Le considerazioni sul “valore letterario” dell’opera, il consulto di Ignacio Echevarrėa, amico di Bolaņo e curatore della sua opera, e il giudizio dell’editore Anagrama, portarono alla decisione congiunta di unire le cinque parti del romanzo in un’unica pubblicazione.[2] In Italia il romanzo č uscito per Adelphi, inizialmente in due volumi (nel 2007 e nel 2008[3] ) che separavano senza nessun criterio letterario o autoriale le parti che articolano il romanzo. Successivamente č stato pubblicato un volume unico che ricalca l’edizione spagnola di Anagrama.

Come si puō notare da queste veloci informazioni, la storia editoriale di 2666 č ricca di tappe, pur trattandosi di un libro dalla vita relativamente breve. Questo aspetto č da ascrivere sicuramente alla sua natura di opera postuma, nella cui genesi editoriale hanno influito disparate varianti: le disposizioni lasciate dall’autore, la volontā degli eredi, quella dei curatori e degli editori, il grande seguito commerciale che i libri di Bolaņo ebbero tra fine anni novanta e inizio anni zero.

Non c’č solo questo perō: le tribolazioni editoriali di 2666 mostrano che a esser messa in discussione č la stessa natura unitaria dell’opera.

Il romanzo si compone, come anticipato, di le cinque parti del libro, riferimenti criticicinque lunghe parti: La parte dei critici, La parte di Amalfitano, La parte di Fate, La parte dei delitti, La parte di Arcimboldi. Ognuna di queste sezioni č narrativamente autonoma al suo interno: ad un primo livello di lettura, ogni parte č concepibile come un singolo romanzo con personaggi, tempi, eventi e forme internamente omogenei. Anche per questo Bolaņo poteva pensare di disporre la pubblicazione dell’opera in cinque distinti momenti.
Č anche innegabile perō che 2666 sia un’opera concepita dall’autore come un romanzo unitario, con legami e pratiche testuali che attraversano tutte le cinque parti, al di lā di ogni oscillazione stilistica o narrativa che le separa.

La dialettica tra un principio di unitā e uno, sempre in agguato, di dispersione č uno degli aspetti pių interessanti del romanzo, e la macrostruttura dell’opera č solo una delle sue declinazioni pių vistose. L’oscillazione tra quelle che per ora chiameremo forme aperte e forme chiuse investe le strutture pių profonde del romanzo, coinvolge il ritmo della narrazione e diventa in alcune sue parti una precisa linea tematica; diventa cosė la prima fonte di elaborazione del senso del testo.

1.2 Le storie

Numerose sono le narrazioni che si intrecciano nella trama di 2666, come numerosi sono i personaggi che popolano il suo mondo finzionale e diversi sono gli scenari in cui si svolgono le vicende. Tanta ricchezza contenutistica gravita attorno ad una sorta di narrazione-madre: una serie di misteriosi omicidi in una cittā del deserto messicano, ai confini con gli Stati Uniti, alla fine degli anni novanta. Le vittime degli omicidi sono tutte donne e tutte lavoratrici delle maquiladoras. Bolaņo prende spunto, nella costruzione di quest’episodio, da fatti realmente verificatisi in Messico tra il 1993 e il 1998 (la stessa cronologia interna de La parte dei delitti), quando a Ciudad Juārez e dintorni furono uccise centinaia di donne per mano di uno o pių serial killer mai trovati dalla polizia. Nel romanzo la cittā di Ciudad Juārez prende il nome di Santa Teresa, buco-nero attorno al quale graviteranno tutti i personaggi del romanzo; la cronologia degli omicidi e il percorso delle indagini della polizia seguono invece molto da vicino la cronaca dei fatti realmente occorsi.
Gli episodi delle uccisioni femminili occupano il corpo centrale di 2666, il capitolo-romanzo La parte dei delitti, il pių lungo del testo e, come vedremo, il baricentro della narrazione.
Precedono questa parte tre capitoli:

• La parte dei critici, dove si seguono le vicende di quattro critici letterari: Jean-Claude Pelletier, francese; Manuel Espinosa, spagnolo; Piero Morini, italiano; Liz Norton, inglese. I quattro accademici condividono lo studio e la passione per un misterioso romanziere tedesco, Benno von Arcimboldi. Due sono i motori narrativi di questa parte: la ricerca di tracce di Arcimboldi, scomparso da tempo; le esangui relazioni sentimentali che coinvolgono i quattro. La parte dei critici si conclude nella cittā di Santa Teresa, dove Pelletier, Espinoza e la Norton si spostano per seguire labili tracce del loro scrittore-feticcio.

• La parte di Amalfitano, in cui il protagonista č il malinconico professore cileno Oscar Amalfitano, giā apparso nella prima parte. Amalfitano insegna all’universitā di Santa Teresa ed č uno studioso dell’opera di Arcimboldi. Vive nella cittā messicana insieme alla figlia Rosa, č stato da poco abbandonato dalla compagna, anche madre della ragazza. Il capitolo č quasi tutto incentrato sulla vita interiore di Amalfitano: il dolore per la partenza della donna, una persecutoria allucinazione che lo tormenta (sente una voce che gli parla), le ossessioni e le angosce di una psiche frantumata. Per la prima volta, in questo capitolo, si fa pių di un accenno alla misteriosa serie di omicidi di Santa Teresa.

• La parte di Fate. Oscar Fate č un giornalista afro-americano inviato dal suo giornale nel nord del Messico per scrivere un articolo su un incontro di boxe. Il capitolo si apre nel nord America, a Detroit, con la morte della madre di Fate, ma si svolge quasi per intero a Santa Teresa. Qui Fate, durante uscite notturne con loschi personaggi del posto, conosce la figlia di Amalfitano, Rosa, e se ne innamora. Il capitolo si chiude in un crescendo di tensione, con Fate e Rosa in fuga dalla misteriosa “trappola” (p. 379) di assassini femminili di Santa Teresa e Amalfitano in preda ai suoi fantasmi, in ansia per la sorte di Rosa.

Come si puō notare da questo breve sommario, la linea narrativa degli omicidi viene costruita dal narratore con procedimenti graduali; ogni parte viene concepita come un avvicinamento tematico e geografico alla Parte dei delitti. Questo non compromette affatto l’autonomia narrativa e formale di ogni singolo capitolo-romanzo. Come si diceva: il fascino segreto di 2666 č proprio nell’ambiguo bilanciamento della sua struttura romanzesca: un groviglio di linee-narrazioni viene costantemente intrecciato attorno ad una macronarrazione centrale, verso cui tutto converge e da cui tutto si diffonde. Fa apparentemente eccezione a questa costruzione multilineare l’ultimo capitolo, La parte di Arcimboldi. Qui viene infranta l’unitā cronologica che uniformava le prime quattro parti (che si svolgono, eccetto brevi ma frequenti analessi, negli anni ’90). Nella Parte di Arcimboldi viene narrata la biografia di Hans Reiter, tedesco nato nel 1920, attraverso alcune tappe principali: l’infanzia in famiglia (descritta con toni surreali e fiabeschi), la giovinezza scapigliata a Berlino dove conosce artisti e intellettuali, la chiamata alle armi nel 1939 (la guerra sul fronte orientale, la prigionia, digressioni sui campi di concentramento nazisti), l’inizio della sua carriera di scrittore con il nome d’arte di Benno von Arcimboldi e la progressiva scomparsa dalla scena pubblica. Si tratta perciō di una narrazione lunga, scandita dai ritmi della Storia, che attraversa tutto un secolo (il romanzo si conclude nel 1999). Il punto di contatto narrativo pių evidente tra quest’ultima parte e il resto del romanzo č costituito dal personaggio di Arcimboldi e, ancora una volta, dai delitti: il figlio della sorella di Arcimboldi, un tedesco emigrato in Messico di nome Klaus Haas, č il principale indiziato di molti degli omicidi di Santa Teresa.

Se le prime quattro parti, nelle loro reciproche divergenze e convergenze, rappresentano in un certo senso l’attualitā di un preciso tema, la violenza; nell’ultima parte si assiste alla costruzione di quello che, con Foucault, si potrebbe definire l’archivio del tema: il conflitto mondiale, la straniata descrizione degli orrori di Auschwitz, il male di tutto un secolo. In questa parte, poi, si accentua un meccanismo narrativo giā intravisto nelle parti precedenti: una sorta di costruzione “a scatole cinesi”, in cui attorno ad un personaggio principale (Hans Reiter) si appigliano varie digressioni su altri personaggi (come spesso accade nella produzione di Bolaņo, si tratta di scrittori e artisti). Ogni narrazione č come racchiusa in una scatola pių grande, che a sua volta č contenuta in un’altra; tutto perō senza la logica cannibalesca del gioco narrativo, e senza la trasparente stratificazione di Rayuela di Cortázar o dei racconti di Borges.[4] Nella Parte di Arcimboldi e, in parte in tutto 2666, la stratificazione delle narrazioni č solo un dispositivo di superficie, usato con discontinuitā e in quella forma ambigua che costituisce la cifra di tutto il romanzo. A volte si ha l’impressione netta che il modo in cui si succedono le storie nell’ultimo capitolo (e in parte nel romanzo) segua un solo imperscrutabile parametro: il caso.