Biografia di Roberto Bolaño

Cile, 1953 – 1968

l’adolescenza in Cile

Bolano con il padre
Bolano con il padre

No, non sono quel che si dice una persona elegante.. Sono nipote di immigranti galiziani analfabeti, e dunque ho ben poco di elegante, non fa parte del mio patrimonio genetico , almeno per parte paterna
[ Gras Miravet, Dunia. “Intervista di Gars Miravet Dunia, 2000Intervista con Roberto Bolaño”, ottobre, 2000]

La mia famiglia paterna, d’altra parte, è una famiglia di emigranti, mio nonno era galiziano e mia nonna catalana. Mio padre che è nato in Cile, si convertì in un messicano. La mia famiglia. o parte di essa, è di estrazione operaia, e la classe operaia ha solo bisogno di una piccola spinta per smettere di credere alla patria, che è un’invenzione borghese
[ Intervista dLuis Garcia, 2001intervista di Luis García. España, aprile, 2001]

“mia nonna era analfabeta” [intervista a Caracas]

E dunque, discendente da nonni iberici analfabeti e genitori “criollos”, Roberto Bolaño Ávalos nasce il 28 aprile 1953 a Santiago de Chile ( una volta, in occasione del premio Rómulo Gallegos, menzionò la città di Mulchén, ubicata nella frontiera in territorio Mapuche, a mo’ di licenza poetica), figlio di León Bolaño, ex-pugile e camionista, e di Victoria Ávalos, professoressa di matematica e statistica.

Natasha Wimmer Della sua infanzia Bolaño e’ stato sempre molto reticente. Secondo quanto racconta la madre, a 3 anni imparò da solo a leggere e a 7 anni scrisse la sua prima storia, che raccontava di alcune galline che si innamorano, di fronte alla costernazione degli altri animali da cortile, di un’anatra. Uno dei suoi primi ricordi letterari e’ l’ascolto della madre che legge ad alta voce le poesie di Neruda (venti poesie d’amore e una canzone disperata)

A 5 anni inizia a sperimentare la la vita nomade (che verrà interrotta quando ormai famoso, si stabilirà a Blanes, nella catalogna di sua moglie e dei suoi figli). I genitori si trasferiscono a Quilpué, e poi Cauquenes, Valparaíso, Viña del Mar e Los Ángeles , dove frequenta i primi anni di scuola.

Intervista di monica Maristain, 2003

Ha mai camminato qualche volta in mezzo al deserto?

Sì, in una occasione, per giunta in braccio a mia nonna: L’anziana signora era instancabile e io pensai che non ne saremmo usciti vivi
[ intervista di monica Maristain, stella distante, 2003 ]

Intervista di monica Maristain, 2003 Chiuda gli occhi. Quale dei paesaggi che ha visto di Latinoamerica le viene in mente per primo?
(..) Il camion di mio padre guasto in una strada nel deserto. Il padiglione dei tubercolosi di un ospedale di Cauquenes e mia madre che dice a me e a mia sorella di trattenere la respirazione (…)

[ intervista di monica Maristain, stella distante, 2003 ]

Risale all’età di 10 anni il suo primo lavoro, nella città di Quilpué, come bigliettaio nella linea di autobus Quilpué-Valparaíso.
“A 11 anni vive nella citta’ di Cauquenes, e si rende conto che la sua vita (la vita) è un movimento, una allontanamento costante” [ Cátedra Roberto Bolaño link esterno ]

Intervista di rodrigo Pinto, aprile 2003 In realtà mi sono reso conto che ero ammalato a 11 o forse a 10 anni, a Cauquenes. Mi trovavo solo, nel patio di casa mia, e un tipo alto e magro mi domandò, dall’altro lato della staccionata, per una via. Gli dissi che non sapevo dove si trovava quella via e il tipo si allontanò. Mi avvicinai alla staccionata (non era di piastrelle nè di cemento, bensì di mattoni fatti di fango e paglia) e lo vidi allontanarsi. Sembrava una zanzara. E allora mi resi conto che, allo stesso modo in cui lui si allontanava, anch’io, in qualche modo, mi allontanavo. Entrambi ci allontanavamo mutuamente dalle nostre rispettive coscienze. Mi resi conto che io pensavo e che anche lui pensava e che entrambi i pensieri non solo facevano parte di un gioco, ma erano due pensieri distinti, destinati a incontrarsi una sola volta nella vita e in uno spazio di pochi secondi. Che io avevo la mia vita e che anche lui aveva la sua. E questa presa di coscienza fu per me il primo indizio concreto della morte, malgrado già allora avessi visto due morti (in due veglie funebri naturalmente)
[Intervista di Rodrigo Pinto. El Mercurio, 18/4/2003]

Luis Ignacio De Ferari Praticamente, fino a 15 anni Roberto Bolaño vive tra il populismo autoritario di Ibáñez e la Rivoluzione in Liberta’ di Eduardo Frei. E’ l’epoca del cataclisma di Valdivia, del mondiale del 62, la crisi dei missili, l’assassinio di kennedy e il concilio Vaticano II. Sono gli anni in cui le lettere cilene hanno come figura prepimente Pablo Neruda.

testimonianze di questo periodo (Cile 1953 – 1968)

In una intervista link esterno León Bolaño il padre dello scrittore ex pugile ed ex camionista racconta alcuni episodi dell’adolescenza del figlio, di quando vivevano a Viña e Quilpué, dove Bolaño giocava ai cow boy. Aveva un cavallo. il Zafarrancho, che dopo avrebbe ricordato nel racconto “Ultimi crepuscoli sulla terra” [contenuto in Puttane assassine]:
” Era un cavallo che portai da magallones. Fu un’odissea, puoi immaginarti. A Ouilpué avevamo una fattoria e a Roberto gli piaceva montare a cavallo. Il cavallo era il suo animale preferito.”
In quegli anni Bolaño cominciava la sua vita “avventurosa”, nel camion di papà:
“una volta andavamo da Valparaiso a La Serena e poco dopo Calera, si surriscaldo’ il motore. Restammo in mezzo al nulla. Era l’anno ’62 e il transito era molto difficile. Ma quella volta ce la cavammo”
Il camion portava farina e, secondo il padre, riuscirono a farsi preparare il pane in una casa nelle vicinanze
“Sopravvivemmo 4 giorni fino all’arrivo del meccanico””
“Era di quelli che contraddicevano i maestri. Non lo potevano soffrire, jajajá. A volte andavamo a comprare da mangiare e lui mi diceva ‘papà, mentre fai la spesa vado a vedere i libri’. Leggeva tanto…..e’ stato sempre così
Sua madre era una grande lettrice, credo che abbia preso da lei. Io no, non sono un uomo d’azione”
e dalla madre ha ereditato anche “la fermezza. Mio figlio non si lasciava dominare da nessuno”