Varie su Bolano

Sete del male

I FUOCHI DELL’ELLISSE

Scrivere è avvicinarsi all’abisso. Per Bolaño “l’alta letteratura, quella che scrivono i veri poeti, è quella che osa addentrarsi nell’oscurità con gli occhi aperti, succeda quello che deve succedere” Scrivere: addentrarsi nell’inferno; la letteratura è “un mestiere pericoloso” Pericoloso perche’ decifrare l’enigma dell’esistenza implica scontrarsi in termini assoluti con il Male e la Morte. Scrivere: esercizio di intelligenza; equilibrio instabile che si regge su una spaventosa lucidità. Ingredienti? “humor e curiosità, i due elementi più importanti dell’intelligenza” Ritratto robot dello scrittore:
a) curiosità: qualcuno con una “disposizione intellettuale che in ogni svolta del destino vede un problema di scacchi o una trama poliziesca da spiegare” .

B): Humor. Qui una pioggia di sinonimi:
“amore per il riso e lo scherzo e la battuta e lo scherno la burla e il ludibrio la canzonatura e la facezia e la beffa e lo sfottò e la parolaccia e la caricatura, l’ingegnosità e la burla e la derisione, il dileggio”. alcune delle guide che mostrarono il cammino: Jonathan Swift: “Mi ha restituito l’allegria come solo possono farlo i capolavori delle letteratura che sono nello stesso tempo capolavori dell’Humor nero”

Franz kafka: ” La sua letteratura e’ la più chiarificatrice e terribile (e anche la più umile) del XX secolo”, Poe: “La verità è che con Edgar Allan Poe siamo tutti d’avanzo. Pensate e riflettete. Ancora siete in tempo. Se possibile in in ginocchio”, Borges, Marcel Schwob, Chejov, Alfonso Reyes. Melville “nostra guida nelle gole impervie” cartografo sublime dei “territori del male, lì dove l’uomo si dibatte con se stesso e finisce generalmente sconfitto” dall’altra parte della gola, Huckleberry Finn: ” Twain era sempre preparato a morire. Solo così si comprende il suo Humor”

Rimbaud , Baudelaire, Lautréamont (seguito dai surrealisti). James Joyce (che appare portando per mano a Jim Morrison nel titolo di uno dei suoi primi libri). Lezama Lima ( che insieme a Joyce ha dato il suo nome a Ulises Lima). Sor Juana ed Ercilia nell’alba transatlantica della lingua comune. Dashiell Hammett, seduto allo stesso tavolo con con Chester Himes, Graham Greene ed altri quattro sospettosi. Malcolm Lowry , oscuro e geniale, leggendo ubriaco gli aforismi di Lichtenberg.

Leopoldo María Panero che appende nello stenditoio del manicomio di Mondragón il testamento geometrico di rafael dieste. Nicanor Parra e Alejandra Pizarnik. César Vallejo, indigente y moribondo, ipnotizado da Monsieur Pain, un discepolo di Mesmer, che cerca di starppare il poeta dall’abbraccio della morte. Lezione dei grandi da non dimenticare mai: Letteratura = onestà radicale. In vita, Bolaño denunciò l’impostura dei nomi consacrati, denunciò le falsità della fama, la mendacità del mercato, le insidie del potere (“Al potere non interessa la letteratura, al potere interessa solo interessa il potere “), la truffa dei premi, gli espedienti del marketing. E’ uno scrittore autentico solo chi si imemrge nell’abisso, dove non ci sono possibilità di vendere. “Vendere è vendersi”, fece dire Max Aub a Jusep Torres Campalans. Ribadisce Bolaño: “La rottura non vende. Una letteratura que si sommerge con gli occhi aperti non vende”. Inoltre: “La letteratura non ha niente a che vedere con i premi bensì con una strana pioggia di sangue, sudore, sperma e lacrime”. E’ cosi’, scrivere è “qualcosa di razionale e visionario, un esercizio di intelligenza, di avventura e di tolleranza. se la letteratura non e’ questo piacere, che demonio è?”. Scrivere: addentrarsi nell osconsociuto; Bolaño è parte di un contingente di narratori della Spagna e America Latina che son ocoscienti di essere sbarcati ” in un territorio da esplorare dove si trovano le ossa di Cervantes e Valle-Inclán”.

PUNTI DI FUGA

L’opera narrativa di Roberto Bolaño costituisce un’unità dai limiti nitidamente demarcati. A suo agio nei romanzi brevi e i quelli lunghi, il cileno scrisse una decina di libri tra raccolte di racconti e romanzi corti, così come un paio di opere narrative di grande estensione. In realtà non c’e’ una gran differenza tra le une e le altre. Le opere maggiori si possono considerare aggregati di di unità di minore. Sono molte le linee di forza che danno coesione al territorio generale della finzione. Bolaño ha progressivamente delegato funzioni ad Arturo Belano, il suo doppio immaginario, specchio refrattario delle sue ossessioni. Con frequenza, l’autore si appoggia a lui per aprire vie di comunicazione tra i distinti segmenti di un universo narrativo qual è la sua opera. Stella distante completa un tema appena schizzato ne La letteratura nazista in America. Pubblicate entrambi nel 1996, il primo narra la sinistra peripezia di un pilota militare pinochettista, la cui storia e’ stata raccontata a Bolaño dal suo alter ego immaginario. Tre anni dopo, in Amuleto, troviamo Belano in compagnia di Auxilio Lacouture, poetessa uruguayana emigrata in México. Belano e Lacouture vengono da I detective selvaggi, e Amuleto avrebbe potuto essere integrato in quel romanzo. Le ramificazioni che uniscono i distinti testi di Bolaño si aprono indistintamente al passato e al futuro. “foto” uno dei racconti di Puttane assassine (2001), e’ un ramo che tagliò successivamente a I detective selvaggi. Al contrario “Prefigurazione di Lalo Cura”, racconto incluso nella stessa raccolta, apre lo spazio narrativo a uno dei personaggi di 2666 . Sono molti i motivi dispersi nella opera di Bolaño che prefigurano temi trattati con maggiore profondità nel romanzo postumo. Così, in Stella distante, il protagonista organizza un’esposizione di foto dove possono vedersi in dettaglio i volti di donne torturate o assassinate durante il regime di Pinochet. Il tema dell’assassinio di donne innocenti è l’asse intorno al quale si articolano i cinque segmenti di 2666. anche se il suo nome non si menziona in nessun momento, Arturo Belano, secondo quanto ha chiarito lo stesso autore, e’ il narratore del romanzo.

Nella raccolta di articoli intitolata Entre paréntesis (eccellentemente editata da Ignacio Echevarría, esecutore del testamento letterario dell’autore, su cui e’ caduta la responsabilità di definire il testo di 2666), Bolaño si attarda in una intrigante affermazione di William Burroughs, secondo la quale «il linguaggio è un virus venuto dallo spazio esterno». Il commento appare in un passaggio dedicato a Philip K. Dick, autore di racconti di fantascienza, verso il quale Bolaño prova una viva ammirazione e che taccia da paranoico e schizofrenico, “una specie di kafka passato per l’acido lisergico e la rabbia”. Sono varie le cose che del nordamericano gli interessano, tra cui l’idea che la realtà (e pertanto la storia) sono alterabili. Dickcenni storico-critici sull’autore, puntualizza, è stato “se non il primo, il migliore a parlare sulla percezione della velocità, l’entropia, l’universo”, Si occupò anche con lucidità “dei paradossi dello spazio e del tempo”

Ci sono zone nei testi di Bolaño dove la realtà si apre ad altre dimensioni che rimandano a lettori e personaggi e spazi intermedi, fisici o mentali. Basta l’inizio della terza parte de I detective selvaggi, l’aspirante poeta che dava lezioni di retorica a bordo dell’Impala (auto), annota nel suo diario: “Quel che scrivo oggi in realtà lo scrivo domani, che per me sarà oggi e ieri, e anche in qualche modo domani:un giorno invisibile” [p.741]. Queste dislocazioni segnano una svolta al tema della ricerca dello scrittore, correlando l’investigazione sull’essenza del male con il mistero della creazione letteraria con l’idea della morte. In Stella distante si cerca un critico e poeta che è anche pilota e torturatore. In questo romanzo c’e’ un’immagine indelebile: l’aviatore scrive poesie in un cielo immacolato con la scia che sprigiona il suo reattore. Ne I detective selvaggi, l’oggetto della ricerca è la poetessa Cesárea Tinajero, sparita sulla scia della rivoluzione messicana. Mentre sono sulle sue tracce Belano e lima vengono condotti nell’abitazione dove molti anni prima era vissuta la scrittrice. Aprendo la porta vedono “come se la realtà, ll’interno di quella stanza sperduta, fosse distorta, o peggio ancora, come se qualcuno, Cesarea, chi se no? Avesse deformato impercettibilmente la realtà con il lento passare dei giorni” [p.791].

Nell’ultimo testo di Bolaño, l’autore assente è un ex soldato reclutato a forza nell’esercito di Hitler. Il processo di alterazione della realtà che si trama intorno alla sua ricerca, si cristallizza in immagini di complessità crescente: “Da quel momento in poi la realtà, per Pelletier ed Espinoza, sembrò lacerarsi come una scenografia di carta, mostrando quanto c’era dietro:un paesaggio fumante, come se qualcuno, forse un angelo, stesse facendo centinaia di barbecue per una miriade di esseri invisibili.”[p.176 v.1]. Alcuni elementi appena percettibili nel testo de I detective selvaggi, acquistano un senso pieno nel testo del pianeta analogo, 2666. Durante la scrittura del primo dei due romanzi, Bolaño intravide , in un angolo della sua immaginazione l’embrione di un autore nei cui scritti e’ possibile che si codifichi l’enigma del male, anche se allora non sospettava l’importanza che avrebbe avuto piu’ avanti. Nello stato larvale, non si tratta di un autore tedesco, ma francese, e non si chiama Benno von Arcimboldi, ma JM.G. Arcimboldi, anche se aveva gia’ pubblicato un romanzo con lo stesso titolo di quello che scriverà il suo futuro avatar: La rosa illimitata.

Un pugno di dati isolati permette di lanciare, una tenue luce sul numero enigmatico che da il titolo al romanzo postumo di Bolaño. Belano e Lima scoprono che prima di perdersi nel deserto, Cesárea Tinajero era solita parlare con insistenza di certi fatti che sarebbero accaduti “verso l’anno 2600. Duemilaseicento e qualcosa…..”. Nel successivo romanzo, in Amuleto, Belano e la protagonista scorgono una via che “somiglia sopra ogni altra cosa a un cimitero, ma non a un cimitero del 1974, né a un cimitero del 1968, né a un cimitero del 1975, ma a un cimitero del 2666, un cimitero nato sotto una palpebra morta o mai nata, le acquosità prive di passione di un occhio che volendo dimenticare qualcosa ha finito per dimenticare tutto”. Non è privo di significato che sia proprio Auxilio Lacouture chi sente ne I detective selvaggi “como si el tiempo se fracturara y corriera en varias direcciones a la vez, un tiempo puro, ni verbal ni compuesto de gestos o acciones”.

In bolaño la letteratura è un viaggio incessante verso la morte ma non scorre in linea retta