foto di roberto bolano
Opere di Bolaño

I detective selvaggi

ho sognato che ero un detective vecchio e malato e che
cercavo gente perduta da tempo. A volte mi guar-
davo casualmente in uno specchio e riconoscevo Rober-
to Bolaño.

[Un paseo por la literatura ,17, Tres]

I detective selvaggi può essere letto come un romanzo del fallimento totale di un apprendistato politico e poetico di tutta una generazione (quella degli anni ’60 e ’70) che alla fine sarebbe esplosa (ironicamente) con la caduta del muro di Berlino e del campo socialista. Potrebbe essere questa una delle tematiche più importanti della sua produzione narrativa a partire dagli anni novanta?

citazione di Bolaño Io non credo che I detective selvaggi sia il romanzo del fallimento di una generazione. L’educazione sentimentale, di Flaubert, non è il romanzo del fallimento di una generazione. Almeno la sua lettura non può esaurirsi in ciò. Nemmeno credo che Guerra e pace sia il romanzo del fallimento di una generazione. E’ una lezione del XIX secolo, che si è capita solo nel secolo XX, cioè che tutte le generazioni, per il semplice fatto di esistere, sono esposte al fallimento. Importante è un’altra cosa. William Carlos Williams ha scritto un poema importante al riguardo. E’ un poema lungo, qualcosa di poco usuale in Williams, dovec’e’ una donna, una lavoratrice che racconta le vicissitudini della sua vita, una vita piena più di disgrazie che di allegrie, che però questa donna affronta con valore. Nel finale del poema Williams dice: se non riesci a portare su questa terra qualcosa di piu’ che non sia la tua propria merda, vattene via da qui. Naturalmente lo dice con altre parole, credo. Ma l’idea è questa

[ intervista di Javier Campos a R.B.]

citazione di Bolaño “Finire di scrivere un romanzo comporta alcuni, non molti, piaceri, e uno di questi è cominciare a dimenticarlo, a ricordarlo come un sogno o un incubo i cui contorni vanno sfumando, per poter affrontare nuovi libri, nuovi giorni, senza la zavorra di tutto quello che con ogni probabilità avremmo potuto fare meglio e non abbiamo fatto. Kafka, che è il migliore scrittore di questo secolo, aveva ragione quando chiese che tutta la sua opera venisse bruciata. Affidò l’incarico a Brod, da una parte, e anche a Dora, la sua amica. Brod era uno scrittore e non mantenne la promessa. Dora era abbastanza illetterata, e probabilmente amava Kafka più di Brod, e si presume che abbia esaudito alla lettera la richiesta dell’amante. Tutti noi scrittori, soprattutto in quel giorno-pianura che è il giorno dopo o quello che noi, vanamente, crediamo sia il giorno dopo, ci portiamo dentro due demoni o due cherubini chiamati Brod e Dora. Uno è piu grande dell’altro. Generalmente Brod è più grande o più potente di Dora. Nel mio caso no. Dora è parecchio più grande di Brod e Dora fa in modo che io dimentichi quello che ho scritto e che mi metta a scrivere qualcosa di nuovo, senza contorcimenti di vergogna o pentimento. E così I detective selvaggi sono più o meno dimenticati. Riesco a malapena ad azzardare qualche considerazione su questo romanzo. Da una parte credo di vederci una lettura, una delle tante che sono state fatte, dell’Huckleberry Finn di Mark Twain; il Mississippi dei Detective è il flusso delle voci della seconda parte del romanzo. Ed è anche la trascrizione, più o meno fedele, di un segmento della vita del poeta messicano Mario Santiago, che ebbi la fortuna di avere per amico. In questo senso il romanzo tenta di rispecchiare una certa sconfitta generazionale e anche la felicità di una generazione, felicità che a volte fu il coraggio e i limiti del coraggio. Dire che sono in debito perenne con l’opera di Borges e Cortazar è un’ovvieta. Credo che il mio romanzo possegga tante letture quante sono le voci che contiene. Lo si può leggere come un’agonia. Lo si puo leggere anche come un gioco.”

[ Tra parentesi ]

citazione di Bolaño La narrativa é il progetto di qualcuno che ha cominciato facendo il poetà e ha cercato disperatamente di realizzarsi nella prosa, che é il rifugio fottuto dei poeti. Ad ogni modo, mi aspetto ciò che qualsiasi romanziaere desidera: offrire una forma nuova. In quest’opera in particolare, c’era un problema: creare un impianto [armazon]. Innanzitutto, Come sezionare il romanzo, per non creare un climax, che io non desideravo, nella storia di Cesárea Tinajero che finisce nel 1976; e poi, come svillupare il romanzo dal 1976 al 1996? Che potevo fare in questo intervallo di 20 anni? In mezzo a cosa mettere 400 pagine? beh tra le 200 del diario di Garcia Madero. In tal modo ho diviso lo scritto in tre parti. Ho collocato le testimonianze in mezzo ai diari di Garcia Madero, perchè era l’unica forma di sostenere il vuoto che si produce a partire dal 1976, dove finice la parte lineare, con la morte di Cesarea Tinajero. Sicuramente il vuoto é importante. il poeta Garcia Madero e Lupe, un altro personaggio, non hanno referenza reale, si perdono nel deserto; per questo nel finale, il romanzo termina con i disegni e non con le parole, perchè i primi esprimono il vuoto, e le seconde non lo riflettono come fa un’immagine.

[ intervista di Claudia Posadas a R.B. ]

citazione di Bolaño Da un parte credo di vederci una lettura, una delle tante che sono state fatte, dell’Huckblerry Finn di Mark Twain; il Mississippi dei Detective é il flusso delle voci della seconda parte del romanzo. Ed é anche la trascrizione, più o meno fedele, di un segmento della vita del poeta messicano Mario Santiago, che ebbi la fortuna di avere per amico. In questo senso il romanzo tenta di rispecchiare una certa sconfitta generazionale e anche la felicità di una generazione, felicità che a volte fu il coraggio e i limiti del coraggio.
Dire che sono in debito perenne con l’opera di Borges e Cortazar é un’ovvietà. Credo che il mio romanzo possegga tante letture quante sono le voci che contiene. Lo si può leggere come un’agonia. Lo si può leggere anche come un gioco.

[Roberto Bolaño, Tra parentesi]

citazione di Bolaño Il mio romanzo è un povero romanzo se paragonato a Rayuela; lo penso sinceramente. Però almeno c’è qualcosa in cui posso… qualcosa che posso accettare; ed è che almeno ho tentato di sperimentare strutture nuove, e giochi nuovi in queste strutture. Non so se ci sono riuscito o no. In ogni modo credo che sia un’opinione di una grande generosità. [….]

Un romanzo è lungo innanzitutto perché c’è una struttura che sta lì e va riempita. Non si può progettare una struttura di sei piani e costruirne uno solo lasciando perdere il resto, lo scheletro della casa e basta
[Intervita di Cristian Warnken]

citazione di BolañoCiò cui aspira un buon romanzo poliziesco, tra le altre cose, è che il lettore assuma il ruolo del decifratore, gli si offrono in anticipo tutti gli elementi (dispersi, caotici) perchè proceda a ordinarli, a capirli, a goderne, e ad acciuffare l’assassino o a comprendere perchè, quando, come e’ stato generato l’omicidio”
[ Intervista di Silvia Adela Kohan a R.B.  ]

citazione di Bolaño avrei dovuto essere un detective privato e sicuramente sarei già morto. Sarei morto in Messico a trent’anni, a trentadue anni, sparato per strada strada, e sarebbe stata un morte simpatica e una vita simpatica
citazione di Bolaño Mi sarebbe piaciuto essere investigatore di omicidi, molto più che scrittore.
citazione di Bolaño I detective selvaggi è un romanzo molto lungo, però leggibile. Le cose illegibili, mi piace che siano corte”
[Intervista con Elsa Fernandez-Santos. Paula, agosto/1998]

citazione di Bolaño molto dell’umore che viene fuori da “I detective selvaggi”, è il prodotto di una lacerazione e non è precisamente un humor piacevole. E’ un humor nero e, in certe occasioni doloroso”
citazione di Bolaño Arrivai al punto di essere tentato di distruggerlo, poichè lo vedevo ormai come un mostro che mi divorava”

detctive selvaggiLos detectives salvajes viene pubblicato in Spagna nel 1998 e tradotto in Italia con lo stesso titolo – I detective selvaggi – nel 2003 da Maria Nicola, per la Sellerio ed.. Nel 2009 viene fatta una seconda ristampa. Il libro ottenne i premi Romulo Gallegos ed Herralde consacrando Bolano ( che fino alla pubblicazione di Letteratura nazista in America era uno scrittore sconosciuto e clandestino) a un grande successo di critica di pubblico.

«Nel caso della mia generazione, beh, il nostro valore fu tanto grande quanto la nostra innocenza e stupidità. Diciamo che in questo epica, ciò che contava era il gesto. Mediante gesti, uno construiva il suo romanzo di formazione, qualcosa che a ben guardare è abbastanza tonto e che a conti fatti, se le cose fossero andate in modo differente, ci avrebbe convertito in vittime o in carnefici.»

… mentre il messicano andava snocciolando in un inglese a tratti incomprensibile una storia che non mi riusciva di capire, una storia di poeti perduti e di riviste perdute e di opere sulla cui esistenza nessuno sapeva una parola, in mezzo a un paesaggio che forse era quello della California o dell’Arizona o quello di una qualche regione messicana limitrofa a quegli stati, una regione immaginaria o reale, ma sbiadita dal sole e in un tempo passato, dimenticato, o che almeno qui, a Parigi, negli anni settanta, non aveva più la minima importanza
[ R.Bolano I detective selvaggi – p. 317 ]

cosa si vede dalla finestra?

[R.Bolano, I detective selvaggi, pag. 808 ]

Ogni tanto loro si fermavano e entravano a casa di qualcuno e allora io dovevo rimanere in strada ad aspettarli. Quando gli domandai cosa stessero facendo mi dissero che svolgevano un’inchiesta. Ma a me sembra che consegnino marijuana a domicilio.
[ pag. 40 ]

il romanzo è costituito da novantacinque narrazioni, che a prima vista si presentano non integrate tra di loro, scritte da cinquantatre narratori ( otestimoni, o intervistati) che raccontano una storia frammentata intorno alla quale ruotano centinaia di personaggi. La narrazione procede per accumulazione di episodi di tutta la vita dei quattro protagonisti: l’anziana poeta messicana di avanguardia, di cui si sono perse le tracce, Cesárea Tinajero, i giovani poeti realvisceralisti Ulises Lima e Arturo Belano e l’enigmatico Garcia Madero che apre e chiude il romanzo con i fatti narrati nel suo diario. Il romanzo abbraccia un periodo di ventun anni, attraversa 17 città e paesi di 12 nazioni.come dice J.Villoro:
“costruito nella forma di uno stadio dve la gente entra ed esce senza tregua, il romanzo è una marea di storie, Le mille e una notte di una generazione avvezza ai paradisi artificiali della poesia e della tequila bianca”

il romanzo è articolato in tre sezioni:
la prima intitolata “Messicani perduti in Messico”(1975) [pp 13-179] e la terza “I deserti del Sonora (1976) [pp 739-808] sono narrate in forma di diario (che abbraccia il peridodo dal 2 novembre 1975 al 15 febbraio 1976) da Juan Garcia Madero, un neofita del realvisceralismo. Garcia Madero costituisce la voce narrativa predominante del romanzo perchè è attraverso il suo punto di vista che il lettore osserva le peripezie dei personaggi, in queste due sezioni.
Nella prima sezione il tema principale è il movimento “avanguardista”, evanescente ed effimero dei realvisceralisti e dei suoi principali protagonsiti Ulises Lima y Arturo Belano, personaggi centrali del romanzo e gli unici (insieme a Cesárea Tinajero ) che non parlano mai in prima persona, costantemente assenti ma di cui il lettore avverte la loro presenza evocata dagli altri personaggi-narratori che indirettamente ne descrivono i tratti e i movimenti in modo frammentario e contradditorio. Come annota Garcia Madero nel suo diario “Belano e Lima sembrano due fantasmi” [p 147] ; come afferma Trelles “questo carattere spettrale attribuito a questi personaggi è ricorrente nel romanzo, con solo perchè appaiono e scompaiono continuamente ma, soprattutto, perchè la loro presenza nella storia, più che fisica, si avverte in modo allusivo, attraverso le impressioni e i ricordi di altre persone. In questo senso N. Wimmer osserva che ” per un verso, I detective selvaggi, è la storia di due fantasmi, che gironzolano nell’al di là”

La seconda sezione (la più estesa del rommanzo) e’ intitolata “I detective selvaggi” (1976-1986) [pp 181-738] e si presenta in forma di dichiarazioni, ricordi, testimonianze ( 84 testimonianze di 54 personaggi differenti, poeti falliti, poetesse, aspiranti poeti, scrittori famosi, delincuenti, magnaccia, poliziotti corrotti, architetti impazziti, editori, professori, critici, cameriere, toreri, puttane, pescatori, omosessuali dichiarati, omosessuali in incognito, ex scrittori d’avangaurdia, neonazisti, alcoolizzati, amanti etc..), monolghi di molteplici voci che si sovrappongono e si incrociano, e si accumulano per un periodo di venti anni (dal gennaio 1976 a dicembre 1996, anche se alcune storie sono ricordi che risalgono agli anni 60 e nel caso di Cesarea, agli anni ’20) e in molteplici città di molteplici paesi, in apparenza frammentate e dispesrse ma che “non si confondono: note differenziate che producono un curioso congiunto, qualcosa di simile a una folle sinfonia” [Jorge Edwards]. I critici hanno fatto notare notare che le testimonainze possono anche essere lette anche come interviste ma “l’intervistatore non appare, non sappiamo cosa sta cercando nè chi sia” [Mabel E. Vargas Vergara]…
ci sono due interviste che differiscono dal resto. La prima è quella rilasciata da Amadeo Salvatierra l’ultimo degli estridentisti e amico personale di Cesárea Tinajero e che offre la tracce che permette (a Belano e Lima) di cominciare il viaggio verso il Nord alla ricerca della poetessa. La testimonianza di Salvatierra è erticolata in 13 frammenti… che aprono e chiudono la seconda sezione”(…) la seconda intervista que si distignue dalle altre e’ quella rilasciata da Andrés Ramírez, datata 1988,[pp 510-529] nella cità di Barcellona. E’ l’unica voce che si rivolge a un interlocutore identificabile, Arturo Belano: ” Lo so che lei ha passato momenti simili Belano, quindi non voglio fargliela lunga” [p. 513] . E’ Belano l’intervistatore? E’ García Madero? Sono diversi?

La terza sezione, “I deserti di Sonora (1976) [pp 739-808] , riprende il filo conduttore del romanzo, la ricerrca di Cesárea Tinajero, le cui tracce si sono seguite nella parte centrale. Cesárea, fondatrice , di una rivista letteraria, di un solo numero, Caborca, e autrice di un’unica poesia (Sion), è un referente quasi interamente assente. Lo “Estrdentista” fallito Amadeo Salvatierra custodisce la sua memoria. Belano e Lima che stanno conducendo una ricerca segreta del movimento estridentista messicano (1921-1927) il cui lieder fù il poeta Manuel Maples Arce (1900-1981)nota, apprendo dell’esistenza di Cesárea Tinajero – la madre del movimento -, scomparsa da tempo, e decidono di rintracciarla.

parallelamente alla ricerca si intreccia la fuga di Belano e Lima, da un misterioso poeta che ha intenzione di picchiarli, dal magnaccia di Lupe che li insegue insieme a due poliziotti corrotti:

“Secondo l’amica di Catalina c’era un poeta alto due metri per cento chili di peso, nipote di un’impiegata dell’UNAM, che gli stava dando la caccia per picchiarli. Loro sapendo che lui li cercava, erano spariti. Però (…) secondo lei i nostri amici erano alla ricerca degli scritti perduti di Cesárea Tinajero, nascosti nelle meroteche e nelle librerie dell’usato di tutto il DF” [p 119]

Il romanzo procede con l’accumularsi di domande senza risposta, misteri ed enigmi appena accennati aperti ad ogni ipotesi e soluzione, ma tutto, la ricerca delle risposte cosi’ come la fuga, tutto sembra girare a vuoto, e il lettore viene coinvolto in “questa inquietudine esistenziale dei personaggi” che stanno “cercando nel vuoto […] sembrano trovare le risposte in un passato già perduto” [Juan Antonio Masoliver].
“Molti dei personaggi finiranno loro stessi perduti, avnzando verso la loro morte come fantasmi. Sono eroi che scompaiono o, come afferma Flores, ‘sono eroi [che] si perdono nell’oblio, sfocati. La loro permanenza sta nella loro assenza’ ” [Trelles]. E ogni ricerca resta sospesa e irrisolta

Come afferma Patricia Espinosa:

Il segreto (…) E’ però un simulacro del segreto, un segreto che ha perso la sua essenza e che opera modulato in due forme: il segreto ludico, che incanta, che genera entusiasmo, ed il segreto che impone un fallimento, un disincanto (…)
il secreto simulacro non richiede di essere svelato; il segreto si mantiene sempre nell’indeterminazione. Perché, secondo Bolaño, l’indeterminazione è vita mentre la determinazione è la morte. Tutto quello che si territorializza, che si fissa, muore. Ad esempio, Cesàrea Tinajeros ne I Detective Sevaggi muore poco dopo essere stata trovata. Trovare è uguale a morire. Tutto che quello che viene trovato o svelato, muore o è già morto (…)

L’unica possibilità di continuare a vivere è convertirsi in un cercatore la cui ricerca sarà eterna; infatti se si arriva ad trovare ciò che si stava cercando, questo morirà. Per questo motivo i suoi testi ci obbligano ad operare in modo poliziesco: cercare senza trovare è il gioco che prefigura la narrazione (…)

Ormai non serve più cercare per trovare il significato, perché cercare non ha senso. Può aver senso solamente l’attraversamento, la fuga permanente. Per questo il detective istiga alla ricerca e alla fuga. Entrambi infatti si relazionano con il vitalismo. Belano, Lima, Amalfitano, Arcimboldi sono i grandi fuggitivi che la sua narrativa ci propone. Scappano, ma cercano anche incessantemente, il che rende indeterminato ciò che si sta cercando o da cui si sta fuggendo. Senza fuga non c’è ricerca e senza ricerca non c’è fuga: questi sono i grandi punti di fuga dei suoi testi.

Patricia Espinosa, “Segreto e simulacro in 2666 di Roberto Bolaño

( © traduzione di Carmelo P. )

NOTE

Bolaño si interessò molto al movimento estridentista e nel 1977, realizzò intervista a tre stridentisti di R.bolañoun’intervsita ai tre poeti stridentisti piu’ importanti , Arqueles Vela, Maples Arce y List Arzubide, per la rivista Plural. In un’intervsita Bolano racconta:

citazione di Bolaño ricordo che il biglietto aereo per venire in Europa me lo pagai con due articoli per una rivista messicana. E oltretutto erano sugl iestridentisti. Nel 1976, tutti davano per morti gl iestridentisti, nessuno sapeva della loro esistenza. Tutti sapevano che eran ostati un gruppo d’avanguardia molto vicino al futurismo, al surrealismo, all’ultraismo. Di fatto avevano corrispondeza con Borges. Nell’ultimo libro di Borges, “El tamaño de mi esperanza” c’e’ una rassegna di uno dei primi libri del poeta Maples Arce, il padre dello estridentismo. Un movimento di avanguardia, però molto identificato con i primi anni della Rivoluzione messicana, con l’origine turbulento del PRI”
[ Intervista di M.Dès – rivista Lateral]